Il cardinal Ferdinando al principe Francesco [1]
Roma, 1 marzo 1572
Med. 5087, n. 23 (cc. 65r-66r).
Trattai con Nostro Signore sopra la persona di Bernardo Soderini per il negotio dell’elettione dicendole largamente quanto Vostra Altezza mi scriveva delle sue qualità, et Sua Beatitudine l’approvò per suggetto buono, et prese il nome, notando sul memoriale medesimo di volersene servir in questa pratica. Disse bene non esser ancor tempo di muoverla, perché non si staa fuor di speranza che l’imperatore entri in Lega, non v’essendo quasi altra difficultà se non che Sua Maestà, prima che faccia questa scoperta, vuol molto ben vedere ferme et durabili le conditioni et assicurarsi di non restar poi lei sola sotto il peso d’una guerra maggiore di quella che possan sostener le forze sue.
Non crede Sua Santità che il duca di Ferrara (se ben mostra stimarlo per homo di mala mente) habbia fatto quell’offitio con l’imperatore, sì perché dice ella che egli non era a quella corte quando Sua Maestà fu richiesta, sì perché egli afferma il contrario et scrive a Sua Santità in oltre che, se ella seguita di instare per ciò con l’imperatore, lo tirarà senza dubio, havendovelo egli persuaso et trovatocelo inclinato; et non v’essendo inclinato et non v’essendo che un solo consigliero, il quale senta il contrario, et ostinatamente dissuada Sua Maestà da opera così santa, il qual consigliero riescirà di poca autorità, se le conditioni per altro ce la invitino. Questo dire di Ferrara, conformando col desiderio di Sua Santità et riscontrando con quel che ella n’ha da altra banda, fa che la non accetti per vera la relatione fatta a Vostra Altezza, ond’io stimarei che si //c.65v// dovesse andar destramente in comandarmi che si faccia spesso autore quel duca di tanta malignità, poi che talhora si dà in scoglio et, con mostrar odio maggiore di quel che soglia piacere a Sua Santità, si può scemar fede alle parole che in bisogno maggiore convenisse di far con lei, la quale è tanto nostra etb per questo et per altro nelle cose nostre tanto contraria a lui che non fa bisogno d’irritarla con questi mezzi.
Li parlai mostrandole quanto sarebbe a proposito che Commendone et il padre Toledo nel ritorno di Polonia si fermassino in corte cesarea per stringer il negotio della Lega et l’altro ancora del titolo. Et ella mi rispose d’havergliene commesso già per due mani di lettere et che debbiamo ben credere che anco da se stessa pensa d’accommodarlo, et lo desidera, et che per ciò riscriverà di nuovo che tanto l uno come l’altro vi faccino ogni opera, dicendomi di più che il legato non si tratterrà in Polonia poi che poco spera di profittare; et che ella ha ordinato che, seguendo il divortio di quel re, se ne partano subito il legato et il nuntio senza attender nuovo ordine.
A Sua Santità mostrarò l’inserto di Spagna quanto prima potrò haverne buona occasione et in tanto dico che simili non dispiacciono, ma le paiono parole, alle quali, dette che siano, non si pensi più et che non annodino né concludino.
//c.66r// Il cardinale Chiesa sta ancora invisitabile, ma se domane non si trovarà in buono stato, io ricordarò a Sua Santità di ordinar il medesimo a qualche altro et so che lo farà, havendomelo promesso nell’ ultima audienza quando trattai le cose sudette.
Non può Sua Santità rabbuffar l’ambasciatore cesareo d’haver scritto il falso a Sua Maestà circa la licenza, perché ella gliene concesse, come s’è detto, et non lo nega, sì come è pronta a remediarvi il meglio che si potrà. Afferma bene esso ambasciatore non sapere che si sia mossa la pratica consertata con Pacecco et haver di ciò diversi inditii, fra quali esser la querela che fa l’imperatore che Morone non risponda, et altre simili.
Raccomando a Vostra Altezza Iacomo di Pietro da Vitorchiano, di cui parla l’incluso memoriale, et le harò obligo d’ogni favore che le piacerà di farli. Col qual fine le bacio la mano.
Di Roma il primo di marzo 1572.
a Sta in origine era stato scritto stava, ma il finale è poi stato cassato.
b Et aggiunto in interlinea.