Il cardinal Ferdinando al granduca Cosimo I [1]
Roma, 28 marzo 1572
Med. 5087, n. 35 (c. 96r-v).
Come hieri passassino le cose di qua, Vostra Altezza l’harà visto largamente da quello ch’io ne scrissi col corriere espresso. Sua Santità stette poi assai bene et questa notte l’ha passata un poco meglio dell’altra et nella parte del sonno, et in quella de dolori, i quali solamente hoggi su le 20 hore la serrarono un poco più gagliardamente, ma però per breve spatio et poi la lassorono assai scarica. Et in somma calculando da hieri in qua ci è guadagno anzi che no, ma questo humor veglia ancora et finché non fermi non m’assicura a prometter cosa certa. Ben è l’opinione di tutti che non sia per succeder caso repentino et violento, ma per andarsi in là qualche mese per benefitio della stagione, et per non esser Sua Santità corpo ripieno di molti humori cattivi. Però è bene valersi di questo tempo per pensar et provedere alle cose future et particolarmente di chi ha da sucedere, perché, maneggiandosi qua molti et facendo noi i conti d’altri, trovo le materie disposte in modo da temere che non avvenga cosa contraria a disegni et al desiderio nostro, sì che saria molto ben fatto il procurar qualche ordine di Spagna contra Farnese, senza aspettar quel che profitti il maestro di camera, il quale non so se tornarà in tempo, //c.96v// vedendo quanto egli vada adagio et possa esser ritardato dal mare così il ritorno poi, come hora l’andata sua. So che li franzesi verrebbono al conclave et saria ben saper con qual ordine et procurar che in questo convenissero con noi. In somma il provedersi è utile et necessario, massimamente se non si facesse nuova promotione, perché ci sono molti disegni et concerti poco grati al gusto nostro. Ond’io ho voluto ricordarlo a Vostra Altezza, se ben so che per sé stessa non lassa di pensar a cosa che può tanto importar al servitio suo.
Stasera m’ha detto Cesi che il papa hiersera fece alcuni bagnoli alle gambe, forse per confortarli et diseccar materia che vi corresse, sendo alquanto infiate anzi che no. Che è quanto m’occorre et a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li 28 di marzo 1572.