Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze [1]
Roma, 12 novembre 1586
Med. 5092, n° 162 (cc. 422r-423r), firma autografa
//c. 422r//
L’ultimo avviso mio della malatia del papa fu alli x alle iij hore di notte con uno che la mattina seguente di grand’hora partiva et sarà passato di costà per Bologna come Vostra Altezza harà visto.
Travagliò poi Sua Santità quella notte, onde hiermattina fui chiamato di nuovo da Montalto [1] per operare che Sua Santità si lassasse governare, et fino alle xviij stette assai quieta, et se bene seguitava la sete, non fece però disordine nel bere più del solito. Su quell’hora mentre che ancora stavo quivi, parve ad un suo medico, che fusse venuta la febre, se bene leggiera, et in questo la lassai. Ma maestro Aurelio Stagno [2], che poi dalle xx vi stette fino alle xxiiij, mi disse quando vi tornai hier sera, che non vi era venuta, né tampoco vi era stata reliquia della passata, et che Sua Santità era netta. Andossene poi a letto alle due hore, et fino alle tre se ne passò burlando allegramente. Alle cinque si svegliò, et dopo un suo servitio si addormentò fino alle xj, alla quale hora prese dua ova fresche, et fece un poco di zuppa, et bevve, ma pochissimo, cominciando a mancarli la sete. Dormì poi un’altra hora et mezo et poi alle xv era levata et vestita, et voleva la messa, et dice che si sente benissimo, et senza sospetto d’altro male, però domattina vuol fare la solita congregatione d’Inquisitione et venerdì consistorio.
Di che mi è parso avvisare Vostra Altezza con corriere, persuadendomi, che per quello che gl’ho scritto prima, et molto più per tante novelle andate attorno //c. 422v// le sarà caro non essere l’ultima avvisata di questo successo, né haverlo da sentire da altri.
Stamattina ha dato audienza a Caraffa [3], et all’ambasciatore di Savoia [4]a, ma però fuori de negotii fastidiosi, et così harà superato con la sua buona complessione questa burasca.
Io vi sono stato a visitarlo, poiché ho visto questi dì che ne pigliava gran gusto, et ho trovato ogni cosa allegra. Ha saputo che li suoi hanno scritto et ciarlato assai, et dati segni d’estraordinario timore et sta mal sodisfatto Azolino [5] particolarmente che tutto dì se ne sia andato a spasso, sodisfattissimo all’incontro di Montalto che mai si sia partito di casa in questo tempo, in cui ha donato un diamante di dieci mila scudi di valuta, et alla signora Camilla [6] xviij mila scudi per pagar la casa che era di Commendone [7] comprata al signor Michele [8], Sangalletto [9] ha fatto più di tutti, assistendo sempre et gridando del malgoverno, di che hora tutti li vogliono bene, et potria buscarne qualche cosa. Con me hanno fatto la Santità suddetta et Montalto gran ringratiamenti, et Sua Santità, che ha potuto vedere in me contento più che mediocre del suo buono stato, ha voluto chi io dia //c. 423r// conto di questo successo in suo nome ancora et a Vostra Altezza et alla Granduchessa [10] quali dice essere certa che se ne rallegraranno. Et con questo le bacio la mano.
Di Roma li xij di novembre 1586.