Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze [1]
Roma, 4 settembre 1587
Med. 5092, n° 219 (c. 552r), firma autografa
//c. 552r//
Quel che m’accadesse sopra la lettera scrittami da don Pietro [1], l’harà visto Vostra Altezza con altra mia; però non ho da dire con questa, se non che lo scritto a lei è conforme a quel che a me scrive, et con la medesima confusa implicatione di tempi et di cose, che non lassandomi sperare pur di mostrarli come può essere senza impertinenza mia, et senza giusta maraviglia sua quel che avviluppa di me indistintamente lassarò correre, dissimulando, et aspettando l’esito per haverlo per buono qualunche sarà, come le dissi, et come mi pare che prudentemente Vostra Altezza giudichi doversi fare. Al conte della Vezza [2] che m’ha reso la di Vostra Altezza de’ 24 passato farò ogni aiuto per la sua intentione, et se così facile sarà la esecutione in quelle parti dell’ordine che richiede, come dovrà essere qui l’impetratione, spero che sarà consolato. Domattina voglio parlare al papa sopra questi castelli già di Carlotto Orsino, et la somma ha da essere, che rimanendo Virginio [3] possessore dopo la diligenza del commissario della Camera [4], il quale trovandolo in possesso, fece la sua diligenza con la clausola sine preiudicio possidentis, supplico Sua Santità di commetter a due o più cardinali come le piace, ancora con intervento o no d’un auditore di Ruota, che estraiudicialmente s’informino ad effetto di referir a Sua Santità delle ragioni della Camera, le quali se trovaranno buone non accaderà altro, ma se di niun valore, faccia Sua Santità in tal caso quel che le parrà che convenga. Così hanno consertato li advocati, et io con questo le bacio la mano.
Di Roma li iiij di settembre M.D.LXXXVIJ.