Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze [1]
Roma, 5 settembre 1587
Med. 5092, n° 220 (c. 553r), firma autografa
//c. 553r//
Stamane parlai con Nostro Signore, come hiersera scrissi voler fare delle cose del signor Virginio [1], et Sua Santità mostrò di sentire bene la mia domanda, et inclinare a sodisfarne, et io sollecitarò che l’ordine si dia prima che io parta. Il signor Virginio discorre bene di quel che con ragione può pretendere, ma non sente il Fiscale [2], et non sa che qua padrone è il papa, che con le pretensioni, et li fatti suoi vuol precedere alli altri, sì che convien rimettersi sul suo a passo a passo.
Dissemi Sua Santità haver corriere di Polonia dal nuntio con avviso che il vescovo di Gnesna [3] dal suo padiglione dove era la Regina [4] haveva un tal di dopo pranzo gridato re quel di Svetia [5], et che così havevano acclamato li popoli, ma che l’altra parte non s’era mossa né fatto segno alcuno di consentirlo fino alla sera che egli spediva, et conclude che se non viene nuovo corriere s’habbia per segno che l’elettione sia stata buona. Che il nuntio Cesareo [6] haveva communicato l’avviso a quelli ministri di Cesare, i quali non havevano riscontro fino alla partita di detto corriere per qua. Nondimeno stassi anco con qualche speranza che possa essersi fatta mutatione. Detti a Sua Santità la lista mandatami dal Granmaestro de cavalieri per servitio delle sue galere, sopra la quale fu discorso, et ella se la ritenne pigliando tempo di pensarvi. Con la quale occasione ragionando della venuta d’esso Granmaestro, non trovai nella mira del papa fondamento se non di boria, per la qual sola debbe haverlo desiderato et invitato. Che sarà quanto m’accade per stasera, et le bacio la mano.
Di Roma li v di settembre M.D.LXXXVIJ.