Il cardinale Ferdinando al granduca Francesco I, a Firenze [1]
Roma, 27 luglio 1585
Med. 5092, n° 63 (c. 156r), firma autografa
//c. 156r//
Come su gl’avvisi di Nazaret [1] havesse Nostro Signore trattato co’l ambasciatore di Francia [2], l’harà scritto il Gerino [3].
Io posso dire poi a Vostra Altezza che egli se n’andò hiersera a Tivoli dove anco si trova, aspettando la risposta d’Este [4], il quale corse qua subito stamane, et consultato il fatto già publico con li cardinali franzesi, se ne andò all’audienza, alla quale Sua Santità lo admesse, lo vedde, lo ascoltò, et trattò amorevolissimamente; et si lassò ragguagliare della lettera che il Re li scriveva humilissima, supplicandola d’escusarlo, se malvolentieri trattava con Nazaret, et desiderava altro in suo scambio, con mostrare che ciò avvenisse per la qualità della sua persona, et non perché non tenesse nella stima che debbe ogni ministro suo, poiché anco lui accettaria quando pur ella lo comandasse, se ben non potria essere che ne confidasse. Et soggiugneva di haverli detto che si fermasse a nuovo ordine di Sua Santità a Lione, dove al suo governatore [5] ha dato ordine di tenerlo visitato et regalato. Nazaret per tentar sua ventura s’era mosso subito, ed di questa visita dal governatore et offerte ha scritto scarsamente, et non come di visita et offerte del Re, ond’il papa sentendo queste cose piegò alquanto, ma per molto che Este [6] pregasse et dicesse, non potette però ottenere se non che l’ambasciatore si fermasse in Tivoli, fin che si vedesse se il Re admetteria Nazaret, come Sua Santità vuole, et qui resta il negotio. Seguiteranno hora d’instare perché Sua Santità si contenti, che l’ambasciatore venghi, et stia in Roma, ma però senza trattare con Sua Santità, ma stanno in dubio, se dopo tanto affronto vorrà il Re che Nazaret vada in Corte, et se Sua Beatitudine non si risolve di rivoltare la cosa a chi è di mezo, si vede mal incaminata questa proruptione, perché veramente non si può dir che siaa quella proportione dal fatto di Sua Santità con quello del Re che vuol essere della vendetta con l’offesa. Et con questo a Vostra Altezza bacio la mano.
Di Roma li xxvij di luglio M.D.LXXXV.